L’unica cosa banale in Dario Rossi è il suo cognome, per il resto è inconfondibile e unico, di un espressionismo travolgente. Le sue opere precipitano addosso come eruzioni di colore, materia. La sostanza pittorica è viva, gravida di umori, di cose, densa come un fiume in piena: un Van Gogh spinto oltre i limiti, portato oltre quell’eccesso esistenziale che l’ha inghiottito.
Viene da Canneto sull’Oglio dove è nato nel 1958, da una pianura in cui nebbie e afa dissimulano tumultuosi miraggi interiori che vanno poi a riversarsi sulle tele. L’arte è la sua stessa vita e nel giro di 20 anni ha realizzato opere sempre più complesse, dove però cifra fondamentale è il paesaggio reinterpretato dalla sua visione interiore.
Delle sue mostre si ricordano in particolare quella a Palazzo Patrizi a Siena con la presentazione di Marcello Flores d’Arcais e al Museo Mam di Gazoldo degli Ippoliti a cura di Renzo Margonari, mentre a Colorno sulla parete di un’abitazione proprio sulla strada provinciale che attraversa il paese, si può ammirare il murale della “Resurrezione”, opera controversa e di grande effetto, una sorta di Danza Macabra moderna, la quale ha suscitato critiche e consensi.
Comunque sia, l’arte di Dario Rossi non lascia indifferenti ed è intimamente rivoluzionaria, profonda, spregiudicata. Vera. Anche questo è raro, specialmente al giorno d’oggi.
Manuela Bartolotti
NP Arte: Dario Rossi Vivere per Dipingere